Il 15 aprile del 1967, nella sua casa ai Parioli, moriva il principe Antonio De Curtis, in arte Totò. Una vita dedicata allo spettacolo dai primi passi nel varietà fino alla consacrazione con i film che hanno fatto ridere intere generazioni di italiani.
Sono passati 50 anni ma Totò ma la maschera da lui incarnata, simbolo di una nobiltà della miseria che discende dalla tradizione del teatro di strada napoletano, non è assolutamente invecchiata. Quella maschera che fece di lui il divo dei poveri, di un pubblico popolare che si sentiva rappresentato dai suoi sberleffi e dalla sua proverbiale irriverenza.
Una carriera lunga 97 film caratterizzati da un repertorio verbale unico, costruito sulla ridicolizzazione del burocratese indecifrabile, sull’intercalare pseudo-colto (“a prescindere”, “eziandio”, “è d’uopo”), sul neologismo (“le pinzillacchere”), e sul gioco di parole di cui era maestro (“un evaso da notte”, “ho una colica apatica”, “ogni limite ha la sua pazienza” e mille altre).
La città di Napoli lo celebra con un cartellone di 50 spettacoli ed eventi che si svolgeranno fino a luglio al Rione Sanità proprio dove il principe della risata era nato e cresciuto.