E’ in lutto il mondo del cinema italiano e non solo. Stamattina è scomparsa una delle icone della comicità nostrana: Paolo Villaggio. L’attore ligure aveva 84 anni e da giorni era ricoverato al Policlinico Gemelli.
Villaggio non era solo Fantozzi o Fracchia. Era molto di più. Durante la sua lunghissima carriera ha indossato moltissime maschere con quel suo volto da perenne ragazzo ed eterno scontento. Nato il 30 dicembre 1932 da padre siciliano e madre veneziana, ma ligure fino al midollo nel suo mix di cinismo e romanticismo anarcoide, morto oggi a Roma, si chiude una pagina della vita italiana, perché Villaggio non è stato solo attore, scrittore, autore e istrione tra radio e tv; era la cattiva coscienza dell’Italia degli anni ’70 e, a suo modo, lo è rimasto anche negli anni del suo “autunno da patriarca”.
Villaggio nasce da una famiglia facoltosa dell’Italia del dopoguerra. La sua adolescenza è felice e folle, tra sbadati studi in legge, incursioni nel cabaret e nel teatro amatoriale, lunghe vacanze con gli amici, primo fra tutti con Fabrizio De André che lo spinse anche a suonare e cantare.
Il primo lavoro di Villaggio negli anni ’60 è in fabbrica (una delle maggiori aziende europee di impiantistica), ma qui capiscono in fretta il soggetto e lo mettono a organizzare le feste aziendali.
Maurizio Costanzo si accorge delle sue doti artistiche e lo porta a Roma, lo fa debuttare a teatro, lo impone alla radio. Da lì Villaggio diventa presto un’icona. Nel ’68 debutta al cinema con il misconosciuto “Eat it!”. Negli anni ’70 poi arriva il ragionier Ugo Fantozzi prima in libreria e poi al cinema. E’ l’inizio dell’era d’oro di Villaggio. Saranno alla fine 10 i capitoli della saga che porteranno il Ragioniere fino in Paradiso e oltre. Nel frattempo Villaggio è diventato un “nome” cinematografico alternando incursioni d’autore (con Monicelli per “Brancaleone alla crociate”, con Gassman che ne fa la sua spalla preferita, con Pupi Avati all’esordio, e con Nanni Loy) e grandi successi di cassetta che si ripeteranno per tutto il decennio successivo. Gli anni ’90 segnano l’iniziale declino di Villaggio, alle prese con i primi problemi fisici e l’utopia socialista infranta che lo porterà fino a uno sconsolato endorsement a Beppe Grillo.