Quando i Slipknot contattarono per la prima volta la Cedar Ridge Distillery, situata a circa 200 chilometri dalla loro città natale di Des Moines, Iowa, la direzione non era particolarmente entusiasta dell’idea di creare un whiskey brandizzato da una band metal ispirata a spaventosi clown. Sembrava una proposta strana, quasi fuori luogo. Tuttavia, tutto cambiò quando uno dei proprietari inoltrò l’email dei Slipknot ai dipendenti. La reazione fu immediata: “Oddio, Slipknot — stai scherzando?” Il messaggio si diffuse come un incendio. “Dobbiamo assolutamente farlo,” insistettero tutti.
Il risultato di quella collaborazione fu lo Slipknot No. 9 Reserve Whiskey, lanciato nel 2019. Per Cory Brennan, il manager della band, questa mossa rappresentava una sorta di “rottura del soffitto di cristallo” nel mondo del metal. Per molto tempo, infatti, prodotti associati a questo genere musicale erano considerati tabù, qualcosa da evitare. Ma ora, erano diventati delle opportunità imperdibili. “Per anni, i guardiani dell’industria erano spaventati da tutto ciò che era aggressivo, dal metal e dai suoi fan,” spiegava Brennan. “Negli ultimi 15 anni, però, tutto questo è cambiato. Sempre più persone sono aperte al genere: non solo giovani, ma anche adulti, persino nonni. E sono leali. Non se ne andranno.”
Il successo di brand collegati a band metal non era un caso isolato. Altri esempi spiccavano nel settore. Gli Iron Maiden, ad esempio, avevano costruito un vero e proprio impero di merchandising basato sul loro iconico logo e la mascotte scheletrica Eddie the Head.
Barry Drinkwater, presidente esecutivo della Global Merchandising Services, confermava la solidità del mercato del metal. “Il pop va e viene. Il metal resta coerente,” affermava, sottolineando come la proporzione dei ricavi nel mondo del metal fosse diversa rispetto a quello del pop o dell’hip-hop. Le etichette continuavano a guadagnare dalla vendita di album, ma era il merchandise a fare la differenza.
Brian Slagel, proprietario della Metal Blade Records, confermava che la sua etichetta indipendente, attiva da oltre 40 anni, ricavava ancora una parte significativa dei profitti da vendite di vinili e CD, anche se il vero guadagno per la maggior parte delle band metal veniva dai tour e dalla vendita di merchandising. “Il merchandise in tournée è probabilmente la nostra principale fonte di reddito,” spiegava Keith Wampler, frontman dei The Convalescence.
Il merchandise aveva subito un vero e proprio boom durante la pandemia di coronavirus. Brent Rambler, chitarrista degli August Burns Red, ricordava come nel luglio 2020 si fosse ritrovato a spedire centinaia di pacchi dal seminterrato di casa sua, mentre i fan, privati dei concerti dal vivo, riversavano il loro denaro negli acquisti online. “Molto nastro adesivo e forbici,” scherzava Rambler. Alla fine, la band aveva assunto una società di logistica per gestire le spedizioni e aveva costruito un negozio online fiorente.
Nonostante le difficoltà economiche del post-pandemia, tra inflazione e costi crescenti, il mondo del metal continuava a prosperare. Le grandi band come i Metallica, che avevano venduto 1,2 milioni di biglietti solo l’anno precedente, incassando 125,8 milioni di dollari, dimostravano che la domanda per la musica metal era ancora fortissima. Anche gruppi più giovani come i Knocked Loose e i Lorna Shore iniziavano a emergere come nuovi headliner, attirando enormi folle, anche senza repertori melodici.
E sebbene le band metal non avessero ancora pienamente abbracciato piattaforme come TikTok, la loro presenza sui social media era spesso amplificata proprio dai fan. “Non sono le band a dominare TikTok, ma i loro fan,” osservava Slagel, riferendosi al fatto che molti video pubblicati dai fan finivano per dare una visibilità inaspettata alle band.
Il segreto per il successo a lungo termine, secondo le vecchie glorie del metal, era continuare a fare tour e a registrare musica, mantenendo anche il controllo sui propri diritti musicali. Chuck Billy, frontman dei Testament, raccontava come la sua band avesse negoziato con l’etichetta Megaforce Records per mantenere i diritti sui loro album, invece di cederli, e come si aspettassero presto di recuperare i diritti anche sui loro primi lavori con la Atlantic Records.
Con il passare degli anni, la fedeltà multigenerazionale dei fan del metal si stava rivelando un valore inestimabile, tanto che si ipotizzava che anche le band più pesanti, come i Judas Priest e i Testament, potessero vedere le loro canzoni utilizzate in spot pubblicitari, proprio come già accadeva per gruppi più mainstream. Chuck Billy, con un sorriso speranzoso, concludeva: “Tra dieci o quindici anni, magari toccherà anche a noi.”