Metti il distorsore in cielo, Richard! – Omaggio a Richard Benson e al Mito del Rock Sotterraneo: FILM Benson, la vita è il nemico

La proiezione del film Benson, la vita è il nemico al centro Brancaleone di Roma ha riacceso la memoria di un’icona senza tempo: Richard Benson, il chitarrista visionario e personaggio televisivo che ha segnato la cultura musicale romana dagli anni ’70 fino alla sua scomparsa il 10 maggio 2022. Carlo Verdone, regista e attore di culto, ha celebrato pubblicamente il chitarrista con un ricordo sincero e nostalgico, definendolo “stravagante e un po’ folle, ma decisamente un personaggio da film.”

Lavora tu vecchiaccia che hai la pelle dura… io sono creatura… non posso lavorà.

Richard Benson: Il Rock come Sopravvivenza

Il film, come la vita di Benson, è un viaggio attraverso l’esistenza di un uomo che ha trasformato il rock in un’arma per affrontare la propria battaglia personale. Benson non è mai stato solo un musicista; è stato una creatura mitologica della controcultura, una figura che sembrava uscita da un fumetto dark, destinata a essere incompleta e perfetta nella sua imperfezione.

Verdone, che lo scelse per interpretare sé stesso in Maledetto il giorno che ti ho incontrato (1992), descrisse Benson come “professionale e meticoloso”, e questo emerge anche dal bellissimo docufilm di Maurizio Scarcella, Benson un vero appassionato di musica, capace di disquisire per ore su chitarristi leggendari e suoni distorti che pareva respirare come ossigeno. La sua conoscenza enciclopedica del rock progressivo e della musica sperimentale era pari solo alla sua teatralità esplosiva.

Il film racconta come Richard Benson è diventato noto per i concerti organizzati soprattutto a Roma, clelebre quello all’Alpheus, in cui il pubblico andava per insultarlo e lanciargli oggetti. Spettacoli scurrili e all’insegna del trash, che registravano spesso il tutto esaurito con migliaia e migliaia di spettatori, come ha commentato il producer dell’epoca. Per questo Benson a Roma in alcune occasioni ha dovuto esibirsi all’interno di una gabbia di ferro.

Ma c’e’ una analogia che ci deve far riflettere, nel film The Blues Brothers, Jake e Elwood Blues si esibiscono al “Bob’s Country Bunker,” un locale di musica country. Invece di suonare brani country, eseguono pezzi blues e rhythm & blues, scatenando la rabbia del pubblico, che reagisce lanciando oggetti contro di loro mentre suonano protetti da una rete metallica. Questo dettaglio cinematografico, apparentemente comico, nasconde una profonda analogia psicologica e culturale.

La rete metallica rappresenta una barriera tra due mondi: la cultura urbana del blues, legata alle radici afroamericane e ai problemi sociali, e la cultura rurale della musica country, nel caso di Benson l’Heavy Metal, più conservatrice e tradizionalista. I Blues Brothers, simboli di outsider e di contaminazione culturale, si trovano in un ambiente ostile che non comprende né accetta la loro diversità musicale.

Dal punto di vista psicologico, il lancio di oggetti è una metafora della resistenza al cambiamento. Quando le persone si trovano di fronte a qualcosa di sconosciuto o che minaccia le loro tradizioni, possono reagire con aggressività. La rete protegge i musicisti, simboleggiando una forma di resilienza culturale: possono esibirsi senza subire danni, mantenendo la loro identità artistica nonostante l’ostilità.

Culturalmente, il contrasto evidenzia l’assurdità delle barriere tra generi musicali e comunità sociali. Nel contesto del film, questa scena è anche un omaggio alle difficoltà reali che molti musicisti afroamericani hanno affrontato durante le tournée negli Stati Uniti segregati, dove la loro musica poteva essere accolta con amore o odio a seconda del contesto.

In questo modo, The Blues Brothers usa il paradosso della rete protettiva e la comicità della situazione per raccontare una verità più grande: la musica è un linguaggio universale, ma il suo potere di unire è spesso ostacolato da pregiudizi e paura del diverso.

Psiche di un Guerriero Creativo

Benson rappresentava il paradigma dell’artista autodistruttivo eppure indomito. La sua esistenza sembrava oscillare tra due poli: la ricerca incessante di approvazione e il rifiuto istintivo delle convenzioni sociali. La sua musica era un riflesso del suo mondo interiore, dove ogni riff di chitarra era un grido di sfida alla vita. Il palco era il suo regno e il suo campo di battaglia. Le esibizioni e i suoi innumerevoli show televisivi borderline erano performance catartiche, in cui l’artista si offriva al pubblico senza filtri, accettando l’adorazione e il disprezzo con la stessa intensità.

Un Eroe Postmoderno

Come un Don Chisciotte del rock, Benson combatteva contro le aspettative, trasformando il fallimento apparente in un successo mitico. Ogni caduta dal palco, ogni urlo di rabbia, ogni momento surreale nelle sue apparizioni televisive è stato rivisitato e idolatrato dalla cultura pop, trasformandolo in una leggenda vivente. La sua umanità è emersa con forza solo negli ultimi anni, quando la malattia lo ha reso vulnerabile agli occhi di chi lo aveva amato come un’icona indistruttibile.

Il Ricordo attraverso la vita è il nemico di SarastroFilm, e di Maurizio Scarcella

Proiettare Benson, la vita è il nemico al Brancaleone non è stato solo un evento cinematografico, ma un rito collettivo, un omaggio a un guerriero caduto che ha combattuto contro tutto: le avversità, la malattia, l’incomprensione. Perché la sua battaglia, quella vera, non è mai stata per la fama o il successo, ma per lasciare un segno indelebile nel cuore della cultura rock. Bellissimo il saluto della platea alla fine con un urlo liberatorio, secondo il suo stile.

“Metti il distorsore in cielo, Richard!” rimane l’epitaffio perfetto per un’anima ribelle che ha inseguito il suono perfetto anche nel rumore assordante della vita. Come le note distorte della sua chitarra, la leggenda di Richard Benson continua a vibrare nell’eternità..